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L’insegnante di religione cattolica e i vaccini contro il Covid-19

by Sim0n3

Don Raffaele Maiolini, docente di Teologia Fondamentale, interpellato dall’Ufficio per la Scuola, propone questa riflessione a proposito degli interventi magisteriali sui vaccini contro il Covid-19.

A fronte di numerose richieste raccolte in questo periodo, tanto più alla luce anche degli obblighi di Legge intervenuti in questi ultimi mesi, l’Ufficio per la Scuola della Diocesi di Brescia ha avvertito l’esigenza di provare a fare un po’ di chiarezza rispetto alla questione “vaccini contro il Covid-19” e “insegnante di religione cattolica” da un preciso punto di vista, quello ecclesiale, o, se si vuole meglio precisare, quello della “retta dottrina” e della “testimonianza di vita cristiana”.

Per questo mi è stato chiesto, in quanto teologo della Diocesi di Brescia, docente di teologia fondamentale (e, dunque, anche di teologia del Magistero), di elaborare un testo (come domanda e risposta) che indichi qual è la posizione del Magistero della Chiesa cattolica in merito ai vaccini contro il Covid-19 e quale sia il grado di assenso richiesto dal Magistero stesso rispetto ai suoi pronunciamenti.

 

A chi spetta l’ultima parola?


Il punto di partenza[1] è il riconoscimento che, all’interno dell’esperienza cristiana cattolica, spetti al Magistero la parola autorevole finale sull’interpretazione di ciò che è coerente con il Vangelo e ciò che non lo sia (come esplicitamente afferma anche la Costituzione dogmatica Dei Verbum sulla divina rivelazione del Concilio Vaticano II, al n° 10).

Ovviamente il Magistero – attraverso l’aiuto indispensabile della riflessione teologica – può e deve fare questo, con riferimento alla Scrittura e alla Tradizione e con tutti i dati che la scienza e l’ingegno umano sanno disporre. E qualora nella Scrittura non vi siano già riferimenti espliciti e diretti su una questione specifica (come è il caso dei “vaccini” – per ovvi motivi), il Magistero esplicita la coerenza o meno con il dato rivelato di una posizione (rispetto a un’altra, perché non è vero che tutte le posizioni sono uguali, moralmente e teologicamente parlando) alla luce di tutti gli altri dati già in possesso, i quali, delineando la linea complessiva (ad esempio, per i “vaccini” la promozione e tutela della vita propria e altrui), permettono al Magistero stesso di delineare la risposta specifica.

Quindi, dal punto di vista della morale e della fede cristiana, tocca al Magistero (e solo ad esso) l’ultima parola autorevole su quale posizione sia più coerente da parte di un credente cattolico che si dica tale e voglia davvero essere tale.

 

Qual è la posizione del Magistero nei confronti dei vaccini contro il Covid-19?


Ci possono essere casi in cui il Magistero della Chiesa cattolica non si sia ancora pronunciato (a motivo, ad esempio, del sorgere recentissimo di una questione che non è stata ancora approfondita e valutata) o che non si pronunci affatto (a motivo, ad esempio, della già unanime concordia che esiste in materia all’interno del corpo ecclesiale).

Nei confronti dei vaccini contro il Covid-19 il Magistero della Chiesa cattolica è intervenuto e la sua posizione è molto chiara, precisa, unanime e più volte ribadita a tutti i livelli:

Tutti questi interventi dichiarano che (laddove non ci fossero, ovviamente, delle gravi controindicazioni mediche certificabili e certificate solo dall’autorità medica competente) la vaccinazione contro il Covid-19 non solo è possibile, lecita e doverosa, bensì è la posizione più coerente con il Vangelo di Gesù, perché è un atto di amore nei confronti degli altri e di se stessi.

 

Come deve essere accolto questo Magistero da parte dell’insegnante di religione cattolica?


Queste posizioni ufficiali del Magistero della Chiesa cattolica devono essere accolte da tutti i fedeli cristiani, ma tanto più da chi esercita un ufficio a nome della Chiesa cattolica (e ovviamente questo è il caso anche degli insegnanti di religione cattolica), con «religioso ossequio della volontà e dell’intelletto» (cfr. Congregazione per la dottrina della fe­de, Professione di fede del 29 giugno 1988, a firma dell’allora card. J. Ratzinger). Tale espressione (che ha una lunga storia) vuole qualificare quel preciso grado di assenso richiesto a tutti i fedeli cristiani rispetto a pronunciamenti magisteriali di per sé non infallibili del Magistero; sinteticamente, significa che si è tenuti ad aderire alla posizione del Magistero sia esternamente (dicendo e agendo secondo l’indicazione del Magistero) che interiormente (accogliendo convintamente l’indicazione del Magistero).

 

E se un insegnante di religione cattolica dovesse dissentire?


Che cosa è possibile e doveroso fare nel momento in cui un insegnante di religione cattolica dovesse dissentire, perché “in coscienza” non ritiene quanto indicato dal Magistero della Chiesa cattolica come più coerente con il Vangelo di Gesù o, addirittura, osasse affermare che le indicazioni del Magistero sono contrarie a quanto il Vangelo di Gesù insegna? Come tutto questo va a toccare, poi, l’eccellenza nella retta dottrina e nella testimonianza di vita cristiana che sono necessariamente richieste all’insegnante di religione cattolica per essere tale (come esplicitato sul Decreto di Idoneità con riferimento al canone n° 804, §2 del Codice di Diritto Canonico)?

A tutt’oggi, il punto di riferimento per fare un po’ di chiarezza in merito è la Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo (Donum veritatis) della Congregazione per la Dottrina della fede del 24 maggio 1990, la quale – di per sé – parla dei teologi, ma può valere anche per ogni altro cristiano e anche, dunque, per l’insegnante di religione cattolica (con le debite differenze, però, perché un teologo ha una preparazione professionale e scientifica riconosciuta dalla stessa Chiesa che l’insegnante di religione cattolica non teologo ovviamente non ha). Infatti, ciò che vale per il teologo, vale anche per ogni credente: oltre a dover seguire la propria coscienza, il credente ha il dovere di formarla secondo quanto il Magistero della Chiesa cattolica indica, perché è al Magistero (non al teologo, e tanto meno all’insegnante di religione cattolica) che spetta la parola autorevole finale sull’interpretazione di ciò che è coerente con il Vangelo e ciò che non lo sia (come già ricordato fin dall’inizio). Perché il principio ultimo non è una vaga e astratta idea di libertà (tanto meno se autoreferenziale e soggettivistica), bensì una precisa e concreta realtà di carità: per questo la domanda ultima da porsi non è “quale scelta è secondo la mia libertà di coscienza”, bensì “quale scelta mi permette qui e ora di amare di più e meglio gli altri e me stesso”[3].

Dell’articolato discorso della Istruzione a cui rimandiamo (nn° 21-41) ricordiamo anche solo questi punti, facendo una correlazione tra quanto il documento prevede per i teologi con quanto vale (mutatis mutandis) per gli insegnanti di religione cattolica.

  • Il teologo che trovasse serie difficoltà ad accettare un insegnamento magisteriale non irreformabile (come è quello sulla vaccinazione contro il Covid-19) deve conservare «un atteggiamento di fondo di disponibilità ad accogliere lealmente l’insegnamento del Magistero», facendo lo sforzo di comprenderlo nel suo contenuto, nelle sue ragioni e nei suoi motivi (n° 29).
    • Dunque, anche l’insegnante di religione cattolica deve accogliere con il favor boni l’insegnamento del Magistero (dunque, il favor boni non ce l’ha chi dice il contrario rispetto all’insegnamento del Magistero) e tocca a lui, eventualmente, dimostrare se e perché il Magistero stia errando.
  • Se, malgrado tutto, purtroppo le difficoltà dovessero persistere, il teologo ha il dovere di far conoscere alle autorità magisteriali i problemi in lui suscitati da un determinato insegnamento, evitando di ricorrere ai mass-media (cfr. n° 30), perché sostenere pubblicamente un’opinione contro il Magistero, ritenendo altre opinioni pubbliche come uniche fonti della verità, «denota una grave perdita del senso della verità e del senso della Chiesa» (n° 39).
    • In primo luogo, dunque, anche l’insegnante di religione cattolica deve far sapere le sue obiezioni all’autorità competente della Chiesa: concretamente, prima ancora che all’Ordinario diocesano, a chi esercita in suo nome l’autorità ecclesiale e, dunque, all’Ufficio per la Scuola della nostra Diocesi.
    • In secondo luogo, poi, anche l’insegnante di religione cattolica deve evitare di manifestare un dissenso pubblico in merito, soprattutto ricorrendo ai media (ricordiamo che vale anche per le chat di gruppo WhatsApp o Telegram, piuttosto che per altri social network come Facebook o Instagram); e analoga prudenza deve essere usata tanto più nei confronti di alunne e alunni, ma anche nei confronti del personale scolastico e delle famiglie, perché in quel momento l’insegnante di religione cattolica sta parlano ufficialmente e formalmente per mandato della Chiesa cattolica (parla, cioè in quanto insegnante di religione cattolica), e, dunque, è chiamato a esprimere il parere della Chiesa cattolica, non il proprio (perché, grazie a Dio, è dato per scontato che un insegnante di religione cattolica abbia un parere conforme a quello della Chiesa cattolica).
  • In ogni caso, se dopo un confronto prolungato e serrato con le autorità magisteriali, le difficol­tà dovessero rimanere perché gli argomenti in senso opposto sem­brano al teologo prevalere, allora è suo dovere «restare di­sponibile per un esame più approfondito della questione», affrontando questa difficile prova «nel silenzio e nella pre­ghiera» (n° 31).
    • Dunque, anche per l’insegnante di religione cattolica che si fosse con onestà e a lungo confrontato con l’autorità ecclesiale di riferimento (sia dal punto di vista teologico che pastorale) e che avesse ancora perplessità, deve rimanere disponibile a cambiare opinione, continuando a cercare di approfondire la questione nella direzione di quello che il Magistero indica. E ciò significa anche concretamente che, pur essendo una prova difficile, l’insegnante di religione cattolica non deve pubblicamente parlare in maniera contraria rispetto alle indicazioni del Magistero, e tanto meno (addirittura) mettere in dubbio tout court la validità dei pronunciamenti del Magistero, o la sua legittimità e importanza nella vita del credente (a fortiori dell’insegnante di religione cattolica), o la legittimità di chi lo esercita (papa e vescovi).

 

Nella speranza di aver aiutato a ricordare quanto il Magistero della Chiesa cattolica è (nella vita dell’esperienza cristiana) e afferma (quanto meno in merito alle vaccinazioni contro il Covid-19) al fine di permettere a tutti e a ciascuno di continuare a convertirci secondo la coscienza del Vangelo, facendo un po’ chiarezza rispetto a quello che la fedeltà al Vangelo di Gesù richiede concretamente oggi in questa situazione (tanto più per un insegnante di religione cattolica che voglia essere coerente con quanto il can. 804 del Codice di Diritto Canonico richiede), auguro a tutti e a ciascuno di continuare a crescere nella docilità e nella ricerca di quello che lo Spirito di Dio chiede alla Chiesa oggi per meglio servire questa umanità… anche tra i banchi di scuola.

 

Don Raffaele Maiolini
Docente di Teologia Fondamentale

 


[1] Che qui non argomentiamo ulteriormente, perché lo diamo per assodato, tanto più per insegnanti di religione cattolica che hanno studiato teologia e teologia del Magistero.

[2] A queste posizioni del Magistero, si aggiungono (e fanno riferimento) ovviamente le posizioni dei teologi cattolici. Ad esempio, anche solo rimanendo in ambito bresciano, è pubblica e unanime la posizione dei teologi (sia sistematici, che moralisti) del nostro Istituto Teologico di Brescia (nonché dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose).

[3] Che, come noto, è il principio a cui esplicitamente si è riferito giustamente papa Francesco: «Vaccinarsi, con vaccini autorizzati dalle autorità competenti, è un atto di amore. E contribuire a far sì che la maggior parte della gente si vaccini è un atto di amore. Amore per se stessi, amore per familiari e amici, amore per tutti i popoli. L’amore è anche sociale e politico, c’è amore sociale e amore politico, è universale, sempre traboccante di piccoli gesti di carità personale capaci di trasformare e migliorare le società»; «Vaccinarci è un modo semplice ma profondo di promuovere il bene comune e di prenderci cura gli uni degli altri, specialmente dei più vulnerabili» [Papa Francesco, Videomessaggio del 18 agosto 2021].

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